Testi inediti di Gabriela FantatoPrecisione per A.C. Potrei fermare la precisione del respiro nelle rotaie, restare qui nella promessa. Conto le fermate – una, due, sono nove, dici, di arrivi e sempre partenze, un taglio sulla porta dove il sogno scrive la casa. Mi afferro al gancio che tiene la mano e fa i conti con le cose. Abbiamo ancora tempo per perderci, nessun pudore a dire – angeli e crederci. Siamo prede e assalto dove la schiena è radice, benedizione delle labbra nel sorriso della madre. Una città senza nome. Una geometria, forse L’edera di fronte a casa è esplosa di un verde cupo sul muro, come un amore. Indomabile di pori, rughe e frastagli nei rami in salita. Una gioia, un assedio che nega il nome. O tempo, mio tempo di fioritura così veloce per dirlo - erano acuti i sedici anni e i venti senza misura. Ora insegno agli occhi la pazienza, le foglie più fitte. Dentro la stanza cresce una promessa selvatica come le more, devote al tempo che non cresce. Era il bianco a mia madre Il bianco, era il bianco che cercavi nella sera di Milano, ficcata tra le facce, tra la sedia e il muro della casa. Dentro gli occhi mi tenevi, volevi cullarmi - ero un boccone nella tua gola. Scivolavo piano, in basso. Le ali, quelle sì sono aperte dove non entra nessuno, dove le ombre siedono di ogni notte - animali in viaggio con la precisione delle formiche alla tana. Era il bianco che avevi tra le braccia, un addio a venire, una promessa stretta nell’angolo del letto dove la sera mi tenevi legata alla tua voce. Piangevi spesso, piangi ancora e dici della fine - di quelle ossa bianche e non puoi andare. Volevo darti la corsa dell’estate, un sorriso tra i denti. Disegno invece dei puntini - i tuoi passi dentro ogni mattina. La mia preghiera per darti il tempo che ancora ti resta. Il bianco, è il bianco che ancora prende la testa, l’arco del respiro - dove non cresce più la casa il nero mette i chiodi alle pareti. Tiene alte le fotografie dove prima erano labbra e mani spalancate. Siedo e racconto la fiaba, la tua e la mia - nella grotta. E’ nella tua infanzia che sediamo, tra le rane del Gallaratese dove cresce ancora il gelso. Il bianco non sa più nulla - l’eco è solo davanti. Gabriela Fantato poetessa e critica. Le sue opere sono presenti in varie antologie e siti letterari, anche in traduzione in arabo, inglese, francese, messicano, spagnolo e persiano. Ha pubblicato alcuni saggi critici sulla poesia del Novecento italiano. Raccolte poetiche: Fugando (Book editore, 1996); Enigma (DIALOGOlibri, 2000); Moltitudine (Marcos y Marcos, 2001); Northern Geography (Gradiva Publications, 2002); Il tempo dovuto (editoria&spettacolo, 2005) e le plaquettes d’arte Forse una geometria (Fiori di Torchio, 2005) e La profezia era il mare (Grafiche Farina, 2006). Per il teatro ha scritto libretti d’opera in versi, andati in scena nei maggiori teatri italiani, tra cui: Messer Livesogno, (Palazzina Liberty di Milano, 1998); Enigma, la voce dei tarocchi ( Teatro Studio di Milano, 2000); Ghost café (Teatro Donizetti di Bergamo, 2001). Dirige la rivista di poesia, arte e filosofia:"La Mosca di Milano”e la collana di poesia e critica letteraria “Sguardi”, per le edizioni La Vita Felice di Milano. CommentsNo comments yet
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