KADER ABDOLAH
Fonte.Edizione Iperborea
Nato in Iran nel 1954, ha pubblicato due libri nel suo paese prima di essere costretto all’esilio. Seguendo l’invito delle Nazioni Unite, nel 1988 ha raggiunto l’Olanda come rifugiato politico. Da allora ha scritto e pubblicato in nederlandese: la raccolta di racconti De adelaars (Le aquile, 1993) si è aggiudicata il Premio Het Gouden Ezelsoor per l’opera d’esordio più venduta, fanno seguito una seconda raccolta, De meisjes en de partizanen (Le ragazze e i partigiani, 1995) e i romanzi Il viaggio delle bottiglie vuote e Scrittura cuneiforme (2000).


Ha una rubrica su uno dei più importanti quotidiani olandesi.Tre dei suoi libri sono stati tradotti in italiano.

Il viaggio delle bottiglie vuote


L’alter ego dell’autore e protagonista del libro Bolfazl, è un esule iraniano che ha trovato rifugio in Olanda. Nonostante le difficoltà che deve affrontare in questa nuova esistenza, vive il suo stato di esule con grande forza d’animo, sensibilità e con il desiderio di comprendere e la volontà di integrarsi. Nel suo cammino è aiutato dal vicino di casa René, un ex artista, sposato e con una figlia, che scopre di essere omosessuale. L’emarginazione sociale cui è sottoposto René è identica a quella provata da Bolfazl. Ma per l’iraniano la condizione di diversità è stimolo per una nuova rinascita, innanzi tutto linguistica e culturale. E anche sua moglie vive con gioia la progressiva emancipazione della sua femminilità sempre più lontana dalla penalizzante cultura musulmana. E se la crisi di René aumenta e le bottiglie vuote si accumulano nel suo cortile, la lingua nederlandese diventa per Bolfazl una chiave per entrare in un nuovo mondo fatto di mille sogni e aspettative. Restano le bottiglie vuote nel cortile di René, che tanto ricordano a Bolfazl quelle che gli uomini della sua famiglia stappavano nelle occasioni speciali, e che venivano poi conservate in cantina, con un’etichetta che ne ricordava l’evento. Solo quando il nonno morì sua nonna le lasciò scorrere nel fiume. Ed è proprio il viaggio di queste bottiglie, portatrici di un’esistenza compiuta e pure aperta e in attesa di un approdo al nuovo, che diventa metafora della storia dell’esule Bolfazl...

Scrittura cuneiforme


Ismail, giunto nei Paesi Bassi come rifugiato politico dal lontano Iran, riceve un giorno un misterioso pacchetto. La busta contiene il quaderno a cui suo padre, umile annodatore di tappeti nato sordomuto tra le montagne innevate ai confini con l’ex Unione Sovietica, ha affidato i propri pensieri, scrivendoli in una lingua misteriosa: le lettere cuneiformi di un’antica iscrizione, in cui Ciro, il primo monarca persiano, aveva decretato: “Sono il re dei re”. Ismail non è in grado di decifrare la scrittura di suo padre, ma poiché, per molti anni, è stato “la sua bocca e le sue orecchie”, dà voce alla sua storia attingendo ai propri ricordi. E così, partendo dal punto in cui era approdato Il viaggio delle bottiglie vuote, Abdolah risale il fiume del suo passato, in un secondo viaggio, a ritroso nel tempo, che lo porta prima alla magica terra “da dove provengono i tappeti volanti”, poi nelle strade di Teheran, percorse dal terrore scatenato dallo scià, e successivamente, dal regime degli ayatollah. La Storia dei potenti si intreccia con la vita semplice, spesso sofferta, sempre intensa, degli umili, l’amore di Ismail, carico di nostalgia, per la patria con quello intimo e dolente per il padre, gli ideali di giustizia e libertà con l’impegno a parlare per chi non può più farlo. E ancora una volta, l’incontro tra Persia e occidente, tra impervie montagne iraniane e dune olandesi, tra poesia, icastica e lieve, e una lingua sobria ed essenziale, intesse motivi inattesi e preziosi, figure mitiche e fiabesche nella trama della nostra cultura...

Calila e Dimna

Dalla scoperta delle Mille e una Notte, il mondo esotico di un millenario oriente in cui si mescolano tradizioni indiane, persiane e arabe, con i suoi scià e visir, eremiti e bramini, fanciulle belle come la luna e mariti gelosi, servi infidi e improvvidi mercanti, animali parlanti a specchio di umani vizi e virtù, è per noi sinonimo di fiaba, parte inscindibile del nostro immaginario fantastico. È a questa stessa tradizione che appartiene Calila e Dimna, “uno dei sei o sette antichi libri persiani più importanti, la nostra prosa più bella”, dice Kader Abdolah che l’ha voluto rielaborare nel suo olandese icastico e poetico, per offrirlo in moderna versione, filtrata dalla sua sensibilità di scrittore esule, come un “antico gioiello” donato ai lettori occidentali. Al cospetto di Ray Dabashelim, lo scià dell’India, è il bramino Bidpai chiamato a svolgere il ruolo di Shahrazad, e a trovare per ogni caso della vita il giusto hekayat, il racconto che diverta e serva da esempio. Ma in ogni storia un personaggio si fa a sua volta narratore e gli hekayat si incastrano uno nell’altro in una spirale di aneddoti, apologhi ed episodi in cui uomini e animali, come gli emblematici sciacalli del titolo, si alternano per mettere in scena, più che un insegnamento morale, l’infinita varietà della commedia umana. Se l’inganno, il tradimento e i nemici sono sempre in agguato e l’ambizione e l’avidità portano facilmente alla rovina, non sempre i vizi vengono puniti e le virtù premiate: spesso la fortuna vale più del merito, e chi detiene il potere preferisce ascoltare chi lo adula e condanna chi lo critica dicendo la verità. “Nessuno sfugge al suo destino, né le dure montagne, né i cerbiatti con le loro zampette bianche”, ma due cose restano nel fluttuare della sorte: l’amicizia capace di superare antichi odi, e quella sospensione miracolosa del fluire del tempo data dalla parola, l’erba curativa contro gli irrimediabili mali della vita che, come i personaggi del libro, continuiamo a chiedere agli scrittori: “Raccontaci la storia”...