NADIA ANJUMAN, POESIE SCELTE. TRADUZIONE DAL PHARSI IN ITALIANO A CURA DI PIROOZ EBRAHIMI E CRISTINA CONTILLI. INTRODUZIONE DI CRISTINA CONTILLI, TORINO, EDIZIONI CARTA E PENNA, 2008.

Introduzione
La poetessa afghana Nadia Anjuman, morta a soli venticinque anni il 5 novembre 2005, in seguito alle percosse ricevute dal marito, ha continuato a “vivere” attraverso la diffusione su internet di pochi significativi testi, tradotti dal persiano prima in inglese e successivamente in tedesco e in italiano.


A febbraio del 2006 è uscito con una casa editrice di Torino un libro dedicato a Nadia, realizzato con la collaborazione della poetessa vicentina Ines Scarparolo (“Elegia per Nadia Anjuman”, Carta e Penna editore) che conteneva i versi di quattordici scrittrici italiane, versi di solidarietà, ma anche di protesta.
Questi versi, pubblicati insieme alla traduzione di quattro poesie di Nadia, nel sito del Centro Studi Ettore Luccini di Padova e nel sito “Segniesensi”, dedicato da Alina Rizzi alla scrittura al femminile, sono stati copiati da un blog all’altro ed hanno dimostrato sia l’interesse crescente verso la figura di questa poetessa sia l’inconsistenza del diritto d’autore nell’editoria virtuale.


A distanza di un anno e mezzo dalla morte di Nadia, dopo la presentazione del libro dedicato a
lei a Macerata e a Vicenza e dopo l’uscita di altre traduzioni dei suoi testi nel sito “Nazioneindiana” e nella rivista “Nuovi argomenti”, è giunto per me il momento di riprendere in mano il lavoro fatto: di tornare, dunque, ad un trafiletto apparso nel “Corriere della sera” del Novembre 2005 ed inviato tramite e-mail ad alcune scrittrici, con cui collaboro, insieme ad un articolo in inglese della giornalista Cristina Lamb ed una poesia dello scrittore iraniano Aashish Ameya intitolata “Elegy for Nadia Anjuman” in cui lei viene definita “Sparrow of cage” (passerotto in una gabbia).
Nell’oggetto dell’e-mail avevo scritto “per riflettere”, ma dopo pochi giorni, dalle risposte ricevute, mi sono accorta che la morte di Nadia aveva suscitato in molte scrittrici, non distaccate riflessioni, ma un senso di rabbia, di impotenza, di solidarietà, quasi che la memoria delle ingiustizie subite dalle donne nel corso dei secoli si fosse risvegliata dentro tutte noi e avesse fatto nascere nel profondo del nostro essere l’urgenza di dedicare a Nadia dei versi.
Nel frattempo il fratello della poetessa ha ceduto ad un Archivio di Copenaghen, che raccoglie testi di scrittori iraniani ed afghani, costretti ad andare in esilio oppure morti in circostanze tragiche, i diritti d’autore relativi all’intera produzione poetica di Nadia, costituita da 180 componimenti, raccolti in due libri, pubblicati ad Herat tra il 2005 ed il 2006.
In collaborazione con quest’Archivio esce ora la prima traduzione ufficiale di una scelta delle poesie di Nadia, per dare ai lettori italiani la possibilità di conoscere ed apprezzare in modo più consapevole e completo l’opera di questa poetessa.
Cristina Contilli